Riflessioni
“Le nostre nascite e morti sono assurde. Ma le nostre vite non devono esserlo. Trovare un senso nella vita è ciò che ci rende umani. Spesso il teatro mescola immagini delle cose che dobbiamo accettare – la nostra mortalità e la nostra debolezza – con immagini di ciò che dobbiamo cambiare: la nostra vita sociale quotidiana.
È proprio allora che scopriamo il nostro bisogno di giustizia, e non solo di cibo e di vestiti: è il bisogno di dare un senso alla nostra vita. E questo senso è collegato alla nostra vita: senza di esso non saremmo umani. È un bisogno che l’economia da sola non può soddisfare.
Quando alla fine arriva la catastrofe, tutto succede in modo rapido e totale. Dopo lo smarrimento ci chiediamo come l’umanità possa essere stata inumana. Questo succede perché si cade dalla realtà nell’immaginazione.
E così, in tempi di ingiustizia sociale, il teatro è portato a prendere in esame tutto lo spettro della condizione umana, dal pane quotidiano alla nostra condizione mortale. Ma i nostri teatri di oggi sono schiavi di una urgenza economica che non farà mai crescere l’urgenza umana”.
(Una sferzata per il nostro compiaciuto teatro – 1995 – traduzione di Luca Scarlini)