Era di lei che mi raccontava il mio medico di famiglia, quando da piccola andavo nel suo studio di paese con la mia “graziella bianca“.
Mi diceva di prendere esempio dalla Dott.ssa Gervasi, la donna che lo aveva ispirato e che aveva incontrato a Cervia.
Lei, Isotta, era diventata la sua musa, e, lui giovane medico di paese avrebbe voluto emularla fino alla fine dei suoi giorni.
Il Dott. Panacea, strano caso del destino che gli dette questo cognome, mi guardava amorevole, con i suoi lunghi capelli bianchi, il grembiule sdrucito, la voce roca spezzata dalle sigarette fumate ininterrotamente.
Non capivo perché mi raccontasse di Isotta Gervasi.
Oggi comprendo : era l’amore per il servizio.
da Wikipedia : Prosepina Isotta Gervasi (Castiglione di Cervia, 21 novembre 1889 – Modena, 17 giugno 1967) è stata un medico italiano, seconda donna in Italia a svolgere la professione di medico condotto. Ha operato nel territorio cervese e, grazie alle sue qualità umane, ha acquistato nel tempo un’immagine leggendaria, tanto da essere ricordata come la “dottoressa dei poveri” e l’“angelo in bicicletta”.[1]
Grazia Deledda, che trascorreva le vacanze a Cervia, le dedicò un elzeviro sul Corriere della Sera nell’agosto del 1935:
«La dottoressa è bella, elegante, alla sera si trasforma come la fata Melusina, con i suoi vestiti e i suoi gioielli sfolgoranti e gli occhi e i denti più sfolgoranti ancora: una fata lo è anche davanti al letto del malato, sia un principe o un operaio, al quale, oltre alla sua cura sapientissima, regala generosamente bottiglie di vino antico, polli e fiori. Il suo nome è Isotta[2]» |
Nel 1965 la Fondazione “Carlo Erba” le assegnò il premio “Missione del medico”.