In questo tempo di incertezze, combattuti tra scienza, arte, sopravvivenza e necessità, mille volte abbiamo pensato a quell’immagine, a quel tempo lontano di nostalgica fanciullezza.
Lo abbiamo fatto quando rimasti a casa, intimoriti dal contagio, abbiamo iniziato a sospettare di ogni respiro emesso e ricevuto.
Sentirsi come un bambino sulla spiaggia, che costruisce castelli di sabbia, incurante di una guerra fatti di dubbi e supposizioni, una guerra che si svolge alle sue spalle e, non lascia conferme di vittoria o sconfitta.
Il bambino rimane in cerca di conchiglie da porre sulle guglie di un incerto castello,
Ma la guerra di cui parliamo si gioca sulla scommessa di quanto presto diventeremo poveri di salute, mezzi e progetti.
La prospettiva non è di certo rosea.
E’ come giocare a una “battaglia navale mediatica” che determina una inevitabile chiusura e, che si nasconde tra le righe composte con le parole quarantena, virus, pandemia ma soprattutto economia.
Ma torniamo a quel bambino sulla spiaggia.
Vorremmo sentirci come lui, avere in mano “il gioco” e non essere osservatori distratti di una guerra mediatica subita consapevolmente.
Invece, noi ? Noi siamo castelli di sabbia, sconfitti dalle circostanze e spesso manovrati da un bambino che ci erige sulla spiaggia dell’incertezza.
Leggendo mi imbatto in un verso di antica epica poesia.
Come guerrieri Greci e Troiani schierati in battaglia e, un Dio bambino che decide chi vive e chi soccombe: Apollo che senza sforzo abbatte i suoi castelli di sabbia.
“Su quella corsero divisi in falangi, e Apollo davanti,
con l’egida sacra, abbatteva il muro degli Achei,
senza sforzo, come un bimbo la sabbia sulla riva del mare,
che, dopo aver costruito i suoi giochi infantili,
di nuovo con mani e piedi li rovescia giocando”.
Iliade, XV, vv. 360-364.
Come ne verremo fuori ?
L’ha ripubblicato su necessito arte.
"Mi piace""Mi piace"