“Sumana Santa all’Antica”

Ero in Sicilia, non molto tempo fa e,  il tempo è solo un ossimoro quando è legato ai ricordi.

Quelli di un tempo di giovinezza piena di speranze e legami , in cerca di una continua rinascita .

I giorni della della Pasqua: un misto di sacro e profano fatto di attese e preparativi che ti accompagnavano verso le attese della “Sumana Santa”.

In quei giorni, da “Quaddarà” salivo spesso a “Baccialona”, in bicicletta e di corsa, con il profumo di zagara tra le narici e la voglia di giocare “a fare a signurina” per mostrare l’acerba bellezza di una adolescenza precoce.

Nei miei ricordi di ragazza, mia madre m’insegnava a intrecciare le Palme della Domenica che con cura si adornavano di viole ciocche e caramelline, preparavo per mesi il mio vaso di fresco germoglio che avrebbe contribuito ad impreziosire il Sepolcro del Giovedì Santo nelle mia chiesa di Confraternita.

Nei miei ricordi, le nonne e le madri cuocevano “cuddure duci” per i bambini e quelle di “pani e ova” per amici e familiari e, s’aspettava con ansia il rito della Lavanda dei Piedi.

Mi capitò di vederlo maestoso il mio nonno materno vestito da San Pietro accingersi a celebrare in modo profano il suo sacro ruolo. Quel ricordo è in bianco e nero prezioso come una fotografia lasciata su un vecchio comodino.

Nei miei ricordi, al dì del Venerdì Santo aspettavo la processione delle mie “Varette” facendomi rapire come Proserpina dai colori e dai profumi della Festa.

La meraviglia mi bloccava, i sensi scuotevano la mia curiosità, la mia immaginazione e i brividi mi coglievano nell’ ascoltare i canti, le urla strazianti, le “banniate” profane e la “Visilla” sacra intonata a cappella durante la processione da Confratelli e Visillanti.

Alle radici del nostro essere Greci, Arabi o Spagnoli … sì spagnoli .. così io mi sentivo sempre di più … la mia Barcellona, il mio cognome, la voglia di esplorarmi .

La musica che… si … io cantavo e quel cantare straziante dietro la processioni mi apparteneva.

Quei riti m’ affascinavano mentre la mia anima mediterranea maturava.

Tutto è teatrale, tutto si mischia: il sacro e il profano. Ecco ora capisco cosa m’attraeva allora e cosa mi tiene legata al ricordo oggi.

E’ quella teatralità delle processioni, quel dramma scandito da un perfetto rituale, uno spettacolo nello spettacolo, un continuo cambiamento basato non solo sulla “mimesis” ma soprattutto sull’evento:

essere li e ora per scandire la radice di ciò che siamo.

E’ un legame con la tradizione e non una ipocrita cattolica rappresentanza.

Lo straniamento provocato dall’incenso, la preghiera intensa, gli sguardi e le speranze legate all’energia di chi al rito partecipa.

Oggi comprendo che ciò che amo è il rito. Esso mi cattura furioso.

Io sono un albero e senza radici l’albero muore.

Baccialunisa d’ Quaddarà. Mariuzza.

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