La maschera neutra – Il mio punto di partenza in movimento
Tecnica e Dono.
Le maschere possono essere molto diverse di forma e di spirito, ma ogni maschera teatrale valida e bella ha in comune con le altre, la capacità di ritrasmettere la profondità dell’essenza umana. Portando il testo al di sopra del quotidiano, essa filtra l’essenziale ed elimina l’aneddoto. Jacques LeCoq
La “maschera neutra” prende vita dalle mani sapienti di Donato Sartori e dal maestro Jacquec Lecoq (Parigi 1921 – 1999). A dire il vero, come racconta lo stesso Lecoq, furono Marie-Hélène e Jean Dasté che gli fecero scoprire la recitazione con le maschere e il “No giapponese”. I “Dasté” usavano nell’ ”Esodo”, una “figurazione mimata” con le maschere in cui tutti gli attori indossavano una maschera detta “nobile”.
Nel viaggio pedagogico di Lecoq, la “Neutra” può essere considerata lo strumento essenziale dell’attore perché è la base di tutte le altre maschere e consente di indossare “il ruolo” preparandosi con consapevolezza fisica e psicologica, sviluppando la presenza scenica perché priva di quel mezzo di comunicazione che è l’espressione del volto e infine costringe a prestare attenzione al corpo e alla sua molteplice forza di comunicazione non verbale.
Essa ha il potere di mettere a nudo, perché non concede di contare sul viso, sulla parola e sul gioco psicologico dello sguardo ma richiama, come ogni maschera, i segni ancestrali che guidano al “veramente autentico”, l’originario e il primordiale retaggio.
E’ un viso in “perfetto stato di equilibrio che suggerisce una sensazione fisica di “calma”.
Lo scopo del suo utilizzo è permettere a chi la indossa di raggiungere uno stato di neutralità privo di emozioni e conflitti interiori e, prepara l’attore all’azione predisponendolo nella sua completa interezza tra corpo e mente, ad agire nel perfetto gioco del “cosa accadrà dopo qui e ora…”
E’ dunque ottimo mezzo per approfondire la gestualità portandola all’essenziale quasi alla fermezza statica, guidando la fisicità su tronco e bacino cercando in essi il baricentro dell’equilibrio.
Insegna che l’espressività globale dell’artista è utilizzare al meglio la propria energia ancor prima dell’utilizzo della parola: essa prepara l’attore alla giusta consapevolezza tra silenzio e parola.
Il lavoro con la maschera in effetti conduce anche agli altri diversi livelli di gioco teatrale che secondo la Scuola di Lecoq, si sviluppano dal “rejeu” alla maschera espressiva e di carattere fino alla maschera astratta, alle forme e alle strutture .
Queste costrizioni di stile portano l’attore a costruire in maniera diversa il reale. La parte tecnica, basata sull’analisi dei movimenti, segue le tematiche dell’improvvisazione. Alcuni esercizi preparano il corpo umano a essere più ricettivo ed espressivo (preparazione corporale e vocale, acrobazia drammatica, analisi delle azioni fisiche).
Grazie alla neutra, in un primo momento, si privilegia il mondo esteriore rispetto a quello interiore, perché la ricerca di se stessi, dei propri stati d’animo spesso può portare ad un eccessivo lavoro sull’ ‘Io” che se non gestito con cura può risultare di troppo. E’ un grande viaggio attraverso, gesto, movimento e parola che guida fino alla poesia del gioco teatrale puro e semplice.
Per dirla ancora con Lecoq, “occorre guardare come gli esseri viventi e le cose si muovono e come si riflettono in noi; occorre privilegiare l’orizzontale, la verticale, ciò che esiste in maniera intangibile, fuori da sé. La persona si rivelerà a se stessa in rapporto a questi punti d’appoggio nel mondo esterno.”.
Questo modo di lavorare si differenzia dal più conosciuto metodo stanislawskiano che cerca nei ricordi psicologici più remoti una sorgente creativa nella quale “il grido della vita si confonde con quello dell’illusione”; preferisco la distanza tra sé e il personaggio, che permette di renderlo meglio.
Gli attori recitano male i testi che li coinvolgono troppo, perché usano una specie di voce bianca, e conservano per loro una parte del testo, senza poterla dare al pubblico.
La neutra aiuta alla piena consapevolezza dell’ascolto per il dono :
il dono del Teatro.
testo di riferimento : Il Corpo Poetico” di J. Lecoq
